fragm

cette fin du monde de poche s’exprimait tout entière dans la syllabe fragm (Michel Leiris)

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Archive for the ‘poesia’ Category

Jean-Michel Espitallier / Notes en bataille

Posted by alfredo riponi su settembre 12, 2013

« La poésie résiste : à l’obligation de résultats communicationnels, de lisibilité immédiate, de clarté sans ombre, à l’instrumentalisation du langage, à la mise en réseau de la langue aux seules fins d’échanges de dossiers, de livraisons de données. Peau de contenu. D’un côté elle refuse, ne plie pas, résiste (ce qui résiste fait briller). De l’autre elle fait jouir (et jouit avec) la langue ». (J.-M. Espitallier, Notes en bataille)

http://www.cipmarseille.com/documents/95_20051118133520.pdf

http://www.cipmarseille.com/auteur_fiche.php?id=701

http://www.arteradio.com/son/597206/

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PUNTO ​/ almanacco della poesia italiana

Posted by alfredo riponi su Maggio 14, 2013

INDICE​   n. 3-2013

http://almanacco.wix.com/punto#!indice/cofk

[…]

OLTRECONFINE

Salvador Espriu, Poesie, a cura di Luca Ariano
Benoît Gréan, La vivisection de la vie, a cura di Rita Florit e Alfredo Riponi
Ilya Kaminski, Ballando a Odessa, a cura di Francesco Tomada
Víctor Rodríguez Núñez, Poesie, a cura di Emilio Coco

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semen.revues.org

Posted by alfredo riponi su marzo 31, 2013

Les problèmes du discours poétique selon Benveniste
Un parcours de lecture
Jean-Michel Adam

http://semen.revues.org/9454

 

 

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Voix et relation / Serge Martin

Posted by alfredo riponi su marzo 31, 2013

Voix et relation. Une poétique anthropologique avec la littérature contemporaine de langue française

http://ver.hypotheses.org/

http://ver.hypotheses.org/bibliographie-sur-la-voix

http://ver.hypotheses.org/tag/luca-gherasim

http://littecol.hypotheses.org/317

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ver.hypotheses.org

Posted by alfredo riponi su marzo 30, 2013

Vive les poètes libres ! Situations critiques et théoriques de « l’avant-garde »

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Planta occulta

Posted by alfredo riponi su marzo 28, 2013

Planta occulta.

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Extinctions / Benoît Gréan

Posted by alfredo riponi su gennaio 21, 2013

grean_extinctions-hochroth

http://www.hochroth.de/2773/extinctions-ausloschungen/

 

Extinctions / Auslöschungen

 

On s’aventure
en trompe-l’œil
hante d’atones territoires

anorexique
agace une dent creuse

précipite une armée de plomb

 

Man wagt sich hinein
ins täuschende Abbild
geht um in tonloser Gegend

magersüchtig
martert ein hohler Zahn

stürzt ein Heer aus Blei

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Petite suite attique / Benoît Gréan

Posted by alfredo riponi su gennaio 21, 2013

grean_PSA_14

http://www.hochroth.de/1349/psa-14-2/

 

PSA 14 / Petite suite attique / Kleine attische Suite / Piccola suite attica

 

Brassant le vers en
d’autres langues
mastiquer pieuvre et poissons frits

soleil grouillant sur
terre aqueuse

s’icare un vol de deltaplanes

 

Verse brauen
in anderen Zungen
gebraten Tintenfisch und Sprotten kauen

Sonne wimmelt auf dem
Landwasserspiegel

den Ikarus macht ein Schwarm von Deltagleitern

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Antonio Porta (1935-1989)

Posted by alfredo riponi su settembre 14, 2012

da L’ARIA DELLA FINE / Antonio Porta

Sto abbandonando Roma
polvere palpitante divenuta città
volevo dire: sto lasciando e dico:
abbandonare invece di lasciare
che sa troppo di lisciva e di sciare, come
direbbe l’amico di una donna chiamata: Speranza!
Appena detta questa frase nel vuoto del bus
si trasforma in un’altra;
sto abbandonando la vita?
Incendiaria polvere palpitante
lascio alle mie spalle
il corpo di una dormiente distesa,
città senza confini: «Mi sembra
di vedere il suo corpo pulsare
respiro che prolunga la notte incendiata,
fuoco per tanti secoli ancora per tutti i secoli
fecondati dal suo fiume mestruale…»
Corpo della notte illuminata dall’interno.
Abbandonare la vita? «La morte
è solo un fantasma» mi ha detto una ragazza
dagli occhi chiari di nome Daìna, seduta
davanti a me parlandomi del paradiso di questa
terra. Era l’ora! E come le respiro le sue parole
quanto mi consumano nel loro fuoco!
Sento il mio corpo come una sedia di marmo,
tento di impiombarmi al suolo, contro me stesso,
fatico a liberarmi delle mie ferite pietrose,
ma trionfo, infine, ma esco
con le scie luminose del crepuscolo,
lascio le stanze della fame, con questo verbo
adesso: scivolo via, come il piccolo torrente
del mio sangue scivola giù dal finestrino:
tornerò, sto già tornando, anch’io polvere
fatta corpo, a un milione di gradi di fusione,
palpitazione, sonno di fecondità, sto
ritrovando la via, la forma della città
che ha un cuore sottoterra, polvere di sangue,
scivolo in tutti i suoi cunicoli e poi volo
verso il mio volto con una piuma
sopra le labbra, è un vento che mi conquista
che mi trascina dentro la sua cintura e approdo
infine in una stanza rotonda, la stanza della nascita,
dove la brace viene guardata tutta la notte,
al centro, e alle ore giuste l’usignolo
canta le lodi delle sue uova.

[…]

[Antonio Porta, Tutte le poesie (1956-1989), Garzanti 2009]

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Rita R. Florit – Crypta

Posted by alfredo riponi su settembre 7, 2012

Da CRYPTA / Rita R. Florit

 

Segnalato al Premio Montano XXVI edizione (2012)

http://www.anteremedizioni.it/xxvi_edizione_2012_esiti_raccolta_inedita

*

Crypta I

E rosa si figura all’inizio
la Via
e vista in circoscritta forma
gravata
chiama la concavità a riparo
ala di cura oscura    bacio
nero
eroso
eros riverso in doglia
occhio celato in buio
accecamento
estromesso
dall’imperio-femmina
ora estinta
torna
in osso inquieta fenditura
in feritoia e ferita
in bulbo vuoto

Dall’acqua primordiale
stratifica visioni

Nervo d’amore amato
in sfacelo L-dopa
nota perfetta
impiaga  perdizione
cripta pulsante
mater dolorosa in seta
offerta     dalia recisa
in sali d’argento strinata

Rivissi
ogni calvario
t u o
e  tutti gli abbagli
le seti
le notti
le morti
ogni singola trafittura
v o s t r a

La via erosa in  fine
erosthanatos
ammicca
e si dilegua
in nòcciolo forato
in mandorla
amara.

 

***

 

Ricomparse selve d’acciaio
tremule spugne disossate

il giorno di luce
apre al blu smaltato verticale

calda attesa dei tumuli oltraggiosa
carceri di smeraldo scuotono

risale all’aria dalle fami
viscerali incluse così

ogni singola trasparenza vibrazionale
copre in parte la ferocia del mondo.

 

***

 

Ruota sul mondo limite il bestiario celeste
scegliti l’animale totem [appartienigli]

proietta carichi opprimenti
conversa col fermo immagine   vivo speculum

dialoga  diabola.

 

***

 

 J’ai détruit mon calvaire et mes vers / À tombeau ouvert ma vie. (Alain Jouffroy)

 

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MARCO GIOVENALE

Posted by alfredo riponi su luglio 31, 2012

 http://lospazioesposto.wordpress.com/

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Ghérasim Luca : NO MAN’S LANGUE

Posted by alfredo riponi su giugno 25, 2012


OUBLIE TA LANGUE MATERNELLE

SOIS ÉTRANGER À LA LANGUE D’ADOPTION ETRANGÈRE

SEULE

LA

NO MAN’S LANGUE

(Ghérasim Luca)

*

DIMENTICA LA TUA LINGUA MATERNA

SII STRANIERO ALLA LINGUA STRANIERA D’ADOZIONE

SOLA

LA

LINGUA DI NESSUNO

*

(dalla Postfazione a “Ghérasim Luca, La Fine del mondo)

La lingua, nominando le cose, raggela il mondo entro strutture linguistiche. “I poeti non sono più giustificati nel dare la prevalenza a un’identità linguistica determinata… Non essere di alcuna lingua come di alcuna patria, è la sola via d’uscita per chi concepisce la lingua come una trappola1”. Ghérasim Luca non è un poeta francese (o romeno), è un poeta che usa la lingua francese come un’altra lingua. Scrive in un carnet preparatorio per Apostrof’apocalisse nel 1962: “Dimentica la tua lingua materna \ sii straniero alla lingua straniera d’adozione \ sola \ la \ lingua di nessuno”.

[1] D. Carlat, Ghérasim Luca l’intempestif., p. 254. “Fondamentalmente e anche legalmente sono necessariamente apolide. Né la mia lingua passata, né quella attuale giustificano ai miei occhi (dopo Auschwitz) l’appartenenza a un patrimonio nazionale” (Ghérasim Luca).

*

dossier no man’s langue (pdf)

http://compagniedeslimbes.free.fr/creation/No_Mans_Langue/dossier%20nomans%20langue.pdf

———————————————————————————————————————————————————————-

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PASSO NEL FUOCO / Rita R. Florit

Posted by alfredo riponi su giugno 6, 2010

passonelfuoco

Rita R. Florit – Passo nel fuoco.

Edizioni d’If, 2010; collana: i miosotìs / n. 47 – Le forme dell’amore

*

Nella direzione del fuoco

Mani mi ridisegnano i confini
da nuove agrimensure ritemprata

 “Ieri ho sognato di te. Non ricordo quasi più i singoli fatti, so soltanto che di continuo ci trasformavamo l’uno nell’altro, io ero tu, tu eri io. Infine, non so come, prendesti fuoco, ma ricordai che il fuoco può essere soffocato coi panni, afferrai un vecchio abito e con questo mi misi a batterti. Ma qui ricominciarono le metamorfosi e si arrivò al punto che tu non c’eri più, mentre ero io che ardevo e io ancora che battevo con l’abito. Ma ciò non serviva a nulla e così era confermato il mio vecchio sospetto che queste cose non valgono contro il fuoco. Intanto però erano arrivati i pompieri e nonostante tutto tu in qualche modo fosti salvata. Ma eri diversa da prima, spettrale, disegnata col gesso nel buio e, inanimata o forse soltanto svenuta per la gioia di essere salva, mi cadesti tra le braccia. Ma anche qui si riscontrò l’incertezza della trasformazione perché forse ero io che cadevo tra le braccia di qualcuno.” (Kafka, Lettera a Milena, settembre 1920)[2]

Passo nel Fuoco è parola corporea che non si appaga. Una poesia che origina dalla voce, dal cuore e dal sangue, fra“il vuoto aperto del desiderio”– distanza che m’uncina allo scavo sonoro – e “il compimento”. La scrittura come il ponte tra me e l’altro, tra due sponde di desiderio.

Derrida riprende una locuzione di Mallarmé “fra il desiderio e il compimento”, e osserva che “non c’è differenza tra il desiderio e la soddisfazione”. “La non-presenza, vuoto aperto del desiderio, e la presenza, pienezza del godimento sono la stessa cosa.” “Il compimento si riassume nel desiderio, il desiderio è il compimento che resta, sempre mimato, un desiderio”[3]. La parola poetica “misura la distanza che m’uncina allo scavo sonoro”, “tra la distanza del desiderio e il compimento”. Il desiderio è desiderio dell’altro, è questa assenza, ma la lingua può avanzare solo nella presenza, lasciandosi pervadere dal senso.La scrittura come il ponte tra me e l’altro, riattraversabile, scarto tra due sponde di desiderio che si colma solo di significato, “è il desiderio umano che suppone la parola”[4]. L’io e l’altro si attraversano nella verticalità della parola tesa all’infinito. Un congiungersi attraverso la voce: “M’avvito alla voce”, “e la tua voce crepita m’avvolge” “Se roca intridi d’estasi la voce”.

La notte come un filo si dipana / e da un estremo all’altro noi restiamo / disgiunti eppure avvinti / al filo inesorabile richiamo / chiamami da lontano / da lontano ti chiamo / mio fuoco incendio rogo / e la tua voce crepita m’avvolge / consunta sto rappresa / fremendo per la voglia che mi sale / e ancora torna a ravvivar la brace”
La voce giunge da lontano, “chiamami da lontano”, da un luogo che sembra d’oltretomba, “si impone e oscilla lo spettro maschile con voce telefonica[5]. La voce umana che, come nella pièce omonima di Cocteau, è il filo che non si può spezzare (o stringere), rifluisce in sangue, può solo farsi corpo o annullare dal suo interno la vita, “ho il filo intorno al collo. Ho la tua voce intorno al mio collo…”[6]

“Inassolvibile fu dichiarata d’ogni incarico fu sollevata Cercala ancora nell’esatto punto dolente di dolcezza dolorosa”.Non si diventa poeti senza aver accumulato dentro di sé sufficiente dolore, e la necessità di espellerlo con uno sforzo della volontà, di trasfigurarlo nelle parole. Come se esistesse “une douleur raisonnable”, un dolore ragionevole, giustificato. Un dolore che ci assolve e assolve l’Altro dall’amore non dato, trattenuto dentro sé. Ecco indispensabile allora la ricerca, “Cercala ancora nell’esatto punto di dolcezza dolorosa”. “Cercala ancora” significa cercala sempre là dove sai lei è, nel fluire del sangue, palpito del cuore divorato. Nel punto di dolore dove converge la dolcezza dell’anima, infine pacificata, suprema sintesi dell’universale e del particolare.

Profumare gli stracci della carne non ancora crisalide quiescente non ancora rosa di notte arresa”, saldatura tra la carne e le metamorfosi della natura vegetale, ibrido di natura e umanità faticosamente conseguita. Crisalide nel suo guscio e rosa che non si è ancora chiusa, arresa alla notte.
Fu inassolvibile, creatura inaffidabile, renitente alla cura: cristallo di neve “lacerataricomposta”, tollerata.
Cercala infine nella tua memoria di trapassati prossimi universi”. Il trapassato prossimo universo, questa metafora di un mondo dilaniato dal tempo dell’attesa e del ricordo.

La poesia di Rita R. Florit, lo si può intuire, non è abbandono sensuale; è sforzo incessante per decifrare il mondo “spando dal cuore notturne sillabe sonore”, uno sforzo che si paga quando il cuore diventa “l’organo del desiderio”[7] e della volontà. “La poesia è una visione del mondo raggiunta con uno sforzo, talvolta estenuante, della volontà”[8]. Fatica “del vivere col cuore divorato contratto espanso dilatato in sangue”, perché “le aperture del sangue e quelle del senso sono le stesse”[9] . Un senso che non è più solo ideale e un corpo che non è più solo sensuale. Senso che libera il corpo e corpo che libera il senso. Corpo sensoriale e senso corporale. È nel corpo che si ridisegnano i confini del senso, mai definitivamente perduto[10] perché nascosto nella parola che qui manca per riaffermarlo: desiderio.“Mani mi ridisegnano i confini da nuove agrimensure ritemprata”, a riaffiorare il desiderio sopito avido di vita e di parole e di respiri soffocati da respiri. Solo il nudo desiderio che s’interna.

“il sangue fonda e l’addolcisca amore 

di me sigillo imprimi sul tuo cuore.”


[1] Vincitrice del Premio di Letteratura «i miosotìs» – intitolato a G. Mazzacurati e a V. Russo – IVa Edizione – 2009/10

[2] F. Guattari, Sessantacinque sogni di Franz Kafka, Cronopio

[3]J. Derrida, La doppia seduta, in La disseminazione, Jaca Book

[4] J. Derrida, Glas, Bompiani

[5] E. Sanguineti, Laborintus, Feltrinelli

[6] J. Cocteau, La voce umana, Einaudi. “E ho fatto un sogno. Ho sognato la realtà: mi sono svegliata di soprassalto felice che fosse un sogno, e quando mi sono resa conto che era vero, che ero sola, che non avevo la testa sul tuo collo e sulla tua spalla, e le mie gambe fra le tue, ho sentito che non potevo, che non potevo vivere…”

[7] R. Barthes, Frammenti di un discorso amoroso, Einaudi

[8]Jean Genet, Notre – Dame – des – Fleurs, Folio Gallimard

[9]J. L. Nancy, Corpus, Cronopio

[10] J. L. Nancy, Ivi. “Siamo nel dolore, perché siamo organizzati per il senso, e la sua perdita ci incide, ci ferisce. Il dolore, però, non dà senso alla perdita, così come non dà senso al senso perduto. Ne è soltanto la lama, la bruciatura, la pena.”

[alfredo riponi]

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Alain Jouffroy

Posted by alfredo riponi su settembre 19, 2009

Un poema di Alain Jouffroy da : Éternelle extravagance, in C’est aujourd’hui toujoursPoésie / Gallimard, 1999

 
***
 

Pour qui j’écris

Non scrivo per voi
che vi prendete per giudici
appena vi si pone delle domande inattese.
Voi i rassegnati del pessimismo dell’ultima ora
voi che non amate niente
come l’isolazionismo
voi che confondete la scrittura, la pittura e l’assolo,
quando la rete mondiale occupa già tutta la superficie del vostro piccolo cervello.
Né per voi, ultimi nostalgici del gregge,
col vostro risentimento incessante,
voi i nemici di tutto ciò che è straniero,
voi che non detestate niente
come facies, magrebini e i nostri padri d’Africa
che non avete vergogna d’ignorare Cravan,
Vossnessenski, Ginsberg et Degenhardt,
perché hanno spezzato il loro cerchio,
no, non è per voi che scrivo.
Non scrivo per voi
adepti di tutte le pubblicità
con la vostra incultura da compact disc
Voi che trattate le donne da sciocche
e piagnucolate come bambini quando vi mollano. Voi e il vostro disprezzo di tutte le   rivoluzioni che non avete fatto,
come se la perdita di ogni libertà fosse il vostro solo viatico.
E nemmeno per voi
che rispondete con gli insulti a coloro che disturbano i vostri commerci.
Voi gli avidi mercanti dal Tempio,
che non amate niente come il portafoglio e i telegiornali,
i cliché di tutti i supermercati,
il vostro disgusto di voi stessi e i vostri espedienti per sopravvivere senza utopia,
la vostra società senza società e i vostri tappeti antiscivolo.
No, non è per voi che scrivo.

Scrivo per voi
che aprite la strada dalla Grecia alla Cina
e fate guerra alla stupidità nazionale fin nel vostro rifugio. Diventerete
gli architetti del looping
sotto i fili d’acciaio di tutte le istituzioni.
Per voi che ingranate la marcia del pensiero nella vostra auto in piena notte.
Per voi che defenestrate i vostri fantasmi,
che suicidate ogni disperazione attraverso il lucernario della memoria
e sognate ogni giorno di incontri, di viaggi trasversali e di altri modi di farsi vedere.

Sì. Per voi che lanciate aghi di bussola tra le vostre finestre e la porta d’ingresso degli altri,
tra l’Egitto dei Fatimidi, Granada, tutti gli esili e le isole,
Per voi che disertate il Tempio dove il giovane Gesù non riapparirà,
finché l’Occidente si drappeggerà nel suo razzismo di vecchio stampo,
finché Isabella e Ferdinando saranno i cromosomi dell’egoismo.
Per voi che tracciate linee intermedie, a metà strada tra
movimento del punto
 e effetto di piano;
Per voi il cui solo documento d’identità è la carta del cielo.

È per voi che deploro tutto ciò che non riesco a scrivere.

maggio 1998
 
***

Alain Jouffroy è nato l’11 settembre 1928 a Parigi. Membro del gruppo surrealista dal 1947 al 1948. Decisivo l’incontro con Breton, che pubblica le sue prime poesie in varie riviste. La sua prima raccolta poetica « A toi », è pubblicata nel 1958. Da allora ha pubblicato un centinaio di libri tra poesia saggio e romanzo. L’attività letteraria è anche, per Jouffroy, una battaglia per i diritti rivoluzionari dell’individuo. Nel 1968 pubblica il saggio “L’abolizione dell’arte”; nel 1975 il libro di saggi “De l’individualisme révolutionnaire”. Tra i libri di più recente pubblicazione: le antologie poetiche C’est aujourd’hui toujours (1947-1998)” e “C’est, partout, ici (1955-2001)” “Manifeste de la poésie vécue”, 1995; “Conspiration”, 2000; “Vies suivi de Les Mots et moi”, 2003 e Trans-Paradis-Express, 2006, riscrittura dell’Inferno di Dante oggi.

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D’IF / Registro di poesia 2

Posted by alfredo riponi su settembre 9, 2009

copj13.asp

Registro di poesia 2. Premio di letteratura « i miosotìs» intitolato a Giancarlo Mazzacurati e a Vittorio Russo. 3ª edizione 2008-09 – € 15,00 – 2009, 78 p., brossura Curatore Frasca G. Editore D’If  (collana I fuoricollana) – ISBN 987-88-88413-77-8

i 17 selezionati inclusi nel Registro di Poesia n#2

ALESSANDRA CONTE (Dueville – Vicenza)  – ANNA MARIA FERRAMOSCA (Roma) – RITA R. FLORIT (Roma) – ANDREA GIGLI (Firenze) –  MARIANGELA GUATTERI (Montericco – Albinea RE) – GAIA GUBBINI (Roma) – LAURA LIBERALE (Vigodarzere – PD) – EUGENIO LUCREZI (Napoli) – SILVIA MOLESINI (Costermano – VR) – RENATA MORRESI (Macerata) – MATTEO PELLITTI (Pisa) – ALESSANDRO RAVEGGI (San Casciano – FI) – ALFREDO RIPONI (Arezzo) – FEDERICO ROMAGNOLI (Siena) – ANGELO ROSSI (Caserta) – FEDERICO SCARAMUCCIA (Chiavari) – ELISA DAVOGLIO (Roma).

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